PM3. U’ PINNULO / La pillola
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Copyright e ® Stefano di Stasio 2016 e 2017.
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MI chiamo Alfonso Capotosta, ma tutti
quanti al mio paese mi conoscono come U’
Kiuov’ perché alla tenera età di 7 anni, per scommessa con un mio compagno
delle scuole elementari, mi ingoiai un chiodo da 12 cm. Mi ricordo ancora papà
che si cacò sotto e mi accompagnò all’ospedale, per fortuna riuscirono a
tirarmelo dallo stomaco con una calamita.
Di mestiere ho fatto l’ambulante, ora
sto in pensione. Ci ho settanta anni e non me li porto tanto bene, anche se mia
figlia mi dice sempre che sembro un giovanotto. Sì sì. U’ cazz’ u’ giovanott’! Mia moglie si chiama Concetta, è una donna
casa e chiesa. E quello è il fatto e pure il problema, per me. Aspettate e
fatemi parlare pekké , se no, mi
scordo quello che vi voglio dire.
Le scommesse sono sempre state la
rovina della mia vita. Vuie mi dicite
e per quale motivo? E adesso ve lo conto.
Io stavo in grazia di Dio quando ero
giovanotto, poi mia madre si mise nelle orecchie e disse che mi dovevo trovare
una mugliera, tenevo ventiquattro
anni. E va bene, io pensai, e dove la vado a prendere una mugliera?
La domenica tutte le donne del mio
paese andavano a messa. O’ non ce nestava una che mi piaceva, erano tutte cesse
sti’ bardasce, queste ragazze in età
da marito.
Allora, siccome la messa si dice alla
domenica anche negli altri paesi, mi accattai
una lambretta, io lavoravo da quando tenevo sedici anni e i soldi ce li avevo,
e mi misi a girare per tutte le chiese e le congreghe della mia zona, e pure più lontano. In una giornata sola mi
facevo pure cento chilometri.
Così conobbi mia moglie, mio padre teneva la
terra e, di quello che mangiavamo in casa comprava solo la pasta. Mia moglie
c’aveva il padre che teneva il mulino vicino al fiume e la pasta non la pagava
perché il pastificio, quando andava a ritirare la farina, gli regalava al padre
un bel po’ di pasta, che tante volte nella sua famiglia non sapevano che
farsene. Così io pensai: accussì nun
accatt’ chiù nient, non comprerò più niente e perciò mi fidanzai con
Concetta. E poi me la sposai pure e facemmo quattro figli: Anita, che è quella
che mi dice u’ giovanott’, Assunta,
Carmelina e Pasqualino, che è il più piccolo di età. Crescettimo i figli poi le mie figlie si cominciarono a sposare e a
figliare e io addiventai nonno, che pe’ n’omme è na bella cosa!
Mia moglie si cominciò a fare anziana
e certe cose non le voleva fare più. A me mi prodeva ancora, stu strunz’ che tengo in miez’ i’ cosce!
Questo stronzo che tengo in mezzo alle gambe. Andavo al bar e mi lamentavo con
i miei amici, io sono sempre stato una persona lamentosa assai. Mi lamentavo
pure cu Pepp’, kell’ata faccia e’ cazz’.
E Peppe, che non ce la faceva più, e grazie!
perché lui si è preso una moglie venti anni meno di lui.
Peppe una volta mi dicette:
Affo’ neh ma pekké nun ti vai a fa’ na
puttana?
Gesù, ci risposi, e sai quante
malatie mia ammisca a me?
Ma che cazz’ dici Affo’, chelle usano
tutte quante u’ preservativo, so’ finuti i tiempi dei bordelli! Sono finiti i
tempi in cui esistevano i bordelli!
Si’ sicuro, oi Pe’?
Ma stai pazziann’, e chisti tiempi si
truovi a una che fa’ senza t’ pav’ quatt birre!
E po’ m facc’ dicer’ a te addo’ sta che c vak pur’io!
Mi feci la scommessa con Peppe. Mi
giocai quattro birre e una stecca di sigarette di contrabbando che io ci
andavo. Se non ci andavo gliele davo a lui e se io andavo con le puttane me le
dava lui a me!
Io tenevo un fratello Pasquale
Capatosta, che era tanto un brav’uomo. Pure lui casa, lavoro e chiesa.
Ue’, ma vuie u’ sapite che la prima volta che andai dalle
puttane che si mettono nella campagna vicino al fiume, contemporaneamente, ma
che dico, nello stesso momento che io arrivavo con Teresa, una di queste che si
faceva chiamare Terri, ma io l’ho
sempre chiamata Teresa, e vi dicevo negli stessi ora e minuto, Pasquale avette un infarto e schiattò, così senza
dire niente a nessuno, e, diversamente da me che mi lamento sempre, non ebbe il
tempo di lamentarsi che era già muort’.
Cos’ a sci’ pazz’, una cosa da dare di matto!
Comunque io, una volta cominciato ad
andare con le puttane, ci continuai ad andare per 4-5 anni. Poi mi feci un po’
vecchio e, semp’ stu strunz’ che tengo in
miez’ i’ cosce, cominciò a non funzionare più bene. Cioè funzionava, ma
siccome mi veniva la voglia quando stavo a casa e Concetta ormai aveva chiuso
le porte e non mi faceva fare niente più, per mentre che andavo da casa mia fino
al posto dove stava a faticare a 20 euro la botta, ma a me qualche volta mi
faceva pure lo sconto a 15 euro, quello si ammosciava e Teresa, che ormai ero
entrato in confidenza mi diceva Affo’ tu ti devi prendere qualcosa se no,
adesso siamo amici, butti solo i soldi con me perché se non si indurisce non
entra. Io non posso farci nulla. Un po’ di pompino te l’ho fatto, un bel po’ di
sega pure, che altro posso fare? Teresa era dell’Albania e aveva fatto
l’università a Roma, parlava l’italiano meglio di me, pure se nun ci vuole assai, u’ssaccio, questo lo so!
Andai dal medico della cassa mutua
che si chiama dottor Porrone ma tutti dicono che si chiamava Porcone e che ha
pagato e si è fatto cambiare la “c” con la “erre” nel cognome.
Buonasera, dottor Porrone, io tengo
un problema! E lui: accomodatevi, Affonzo, e ditemi tutto sono a vostra
disposizione. Gli raccontai il fatto e lui annuiva e pareva che non si
meravigliasse, mi sono scordato di dirvi che più o meno, il dottore c’ha la
stessa età mia.
Mi fece una prescrizione di una
pillola da prendere un’ora prima delle “prestazione sessuale” come dice lui,
cioè della sciammerika, come dico io.
Però si raccomandò: Affonzo, voi avete quasi settanta anni, ve ne potete
prendere una alla settimana, non di più. E così feci. Andai da Teresa, che mi
voleva bene e dissi: è arrivato il momento della vendetta! Teresa all’inizio
non capiva, poi toccò da sopra al pantalone e fece: e che è successo? Bocca-fica,
come dice Teresa, e pure le altre, e così mi feci una sciammerika che non mi ricordavo quanti anni prima me l’ero fatta,
una così.
Mi infervorai. Così una settimana
andavo da Teresa detta Terri, e
quella dopo da una giovane, una dell’est che teneva venti anni, così diceva,
che diceva si chiamava Natalia detta Chantal.
E all’inizio me ne sono visto bene.
Poi successe una cosa. Mi pigliai u’ pinnulo un’ora prima e andai sul
posto dove stava questa giovane. Pioveva. Di solito, pure se all’inizio non si
vede, lei lascia la sedia sulla strada per dire che sta con un altro cliente e
che torna dopo 15-20 minuti. La sedia però non ci stava. Aspettai lo stesso,
perché era domenica e Teresa la domenica si riposa. Dopo 1 ora e mezza che mi
ero preso u’ pinnulo, cominciai a
sudare freddo e mi veniva da vomitare pure. Maronn’
, madonna, come mi sentii male quel giorno. Tornai a casa e mia moglie mi fece
pure una cazziata perché aveva trovato la scatola delle pillole, e lei è casa e
chiesa, ma mica è deficiente!
La domenica dopo, mi pigliai un’altra
pillola e questa volta la trovai a Chantal. Glielo dissi, tu mi fai murì! M’ero pigliat u’ pinnulo domenica scorsa e nun t si’ fatta trova’. A Chantal pure gli dispiacque, ma sai
quella che se ne fotte veramente? È giovane, ma è tanto bellella! Poi mi fa bene i bucchini, cosa che mia moglie, se glielo
chiedevo quando aveva la sua età, l’età di Chantal dico, che già eravamo
fidanzati io e Concetta, mi sputava in faccia e, perciò, io non glielo ho mai
chiesto.
Chantal mi stava pure a sentire dopo
la sciammerika, io sono lamentoso e le dicevo sempre: mio
fratello Pasquale è già muort da cinque
anni, e io me lo sento, secondo me è l’ultima volta che ci vediamo, sto pe muri’ pur’io!
Chantal si metteva pure a ridere, ma io me lo sentivo veramente. Però
questa cosa che stavo per morire gliela dicevo già pure a Teresa quando andavo
da lei, che ci posso fare se poi non morivo, io me lo sentivo così.
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