PM2. 67P LA COMETA
Oggi vi presento la seconda storia che ho scritto per la rubrica Prospettiva Monka.
L’Editoriale lo trovate al link:
La rubrica Prospettiva monka è © 2016 Stefano di Stasio
Soundtrack consigliata:
© 2016 Stefano di Stasio. La riproduzione, anche parziale, dell’articolo che segue deve essere autorizzata per iscritto da Stefano di Stasio. Ogni abuso sarà perseguito in termine di legge di salvaguardia del diritto d’autore.
PM2. 67 P / la COMETA
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PM2. 67 P / la COMETA
- Un ratto
peloso, incurante di ogni aliena presenza, mordicchiava un’arancia,
piccolo sole nel buio della spazzatura. Che cazzo di freddo stasera. Si
soffiava con l’alito sulle unghie finte, colorate di smalto semipermanente
e si massaggiava le cosce, che assieme allo slip e alla parte inferiore
del culo, facevano capolino, sotto a una ridotta minigonna orlata di pizzo
a maglie larghe, mettendo in maliziosa evidenza la sua merce sopra a due
stivali col tacco alto a spillo. Si tirò su le calze nere autoreggenti,
che l’ultimo cliente le aveva sfilato alla ricerca di un orgasmo scomodo e
improbabile. Imprecò contro un camionista che passava e la stava salutando
dalla cabina del suo mezzo con la sirena, quella che quando uno la sente
pensa di stare sul molo che arriva il vaporetto, e ti fa sobbalzare.
- Gli asciugava
la pelle raggrinzita di liquido amniotico e ancora coperta di sangue.
Recise con i denti la placenta, come le aveva insegnato sua cugina
Elisabetta, e la ripose nella mangiatoia sul fieno ghiacciato. Le bestie
nella baracca, emettevano complici muggiti e fremiti, osservando, con i
loro occhi grandi e lucidi, quanto si dava da fare Giuseppe per esserle di
aiuto e quanto Maria, quasi a dispetto, non se ne curasse. Fuori i pastori
gonfiavano con fiato possente le vele delle zampogne accanto ai loro fuochi
notturni.
- Si era fermato
un SUV nero con al volante un grassone con gli occhiali e l’i-phone in mano, che sudaticcio ancora eruttava i fumi del
pranzo di Natale. Quanto? Le chiese. E lei: 20 euro bocca/fica, come
sempre. Se mi fai fare senza guanto ti do 30. Vaffanculo! Fu la sua
risposta. Poi si ricordò che erano tre ore che stava al freddo e non
batteva chiodo. Lui se ne accorse e mediò da vero sciacallo dicendo
Facciamo con il preservativo ma ti do 15 euro. Mary, di nuovo, pensò al
freddo e alla fame. Mugugnò qualcosa a denti stretti e annuì. Sapeva che
non doveva abbassare i prezzi. La sua collega romena, la grassona della
baracca a fianco con le mani da uomo, già una volta le aveva stretto le
dita al collo. Stronza! Non ci rovinare la piazza, aveva detto, io a casa
ho tre bambine da mantenere! Eh sì, parlava bene la balena bionda. Lei i
prezzi non li abbassava, era vero, ma lei però faceva i bukkini ai vecchi
senza preservativo. Diceva che tanto i vecchi chiavano solo con le mogli e
non portano malattie. E così tutti i settantenni che prendevano u’ pinnul’, la pillola blu, un’ora
prima, andavano da lei. Lei ci raccomandava di non dire niente a nessuno
e, a ognuno di loro, diceva che stava facendo uno strappo alla regola
delle puttane solo per lui. Così i clienti non parlavano di questo fra
loro, la voce non girava e ognuno tornava da lei. I vecchi, si sa, con il
preservativo non riescono ad arrivare, non l’hanno mai usato in vita loro.
Mary salì in macchina, sul sedile di fianco al grassone, che intanto già
aveva cominciato a sudare copiosamente di volìo e eccitazione, e gli
indicò di proseguire sul sentiero buio, fino a una siepe lontano dalla
provinciale e anche da sguardi troppo indiscreti. Questi, i clienti, ci
avevano tutti la moglie a casa e, cazzo, se temevano che qualcuno,
passando notasse la loro macchina e andasse a riferire. Kazzo, ne erano
terrorizzati e Mary lo sapeva. Se la moglie scopriva le zozzerie del
marito se lo sputtanava davanti a tutti i parenti, ma, soprattutto, lei
perdeva un cliente.
- Il bimbo
vagiva più forte. Maria fece per allattarlo, sperava si chetasse, ma era
inutile, aveva ancora acqua nei polmoni di neonato e non riusciva a
deglutire. Maria, lasciami fare una volta! - le sussurrò Giuseppe. Per una
volta gli diede retta. Il padre sollevò le piccole braccia del figlio
dell’Uomo e gli battette delicatamente la schiena. Immediatamente i vagiti
disperati si tacquero e fu silenzio.
- Fammi prima
il bukkino, se no non intosto! Mary si accucciolò sul ventre pingue
dell’uomo e andò alla ricerca del piccolo cazzo sperduto fra i rotoli di
grasso dell’addome. Lo trovò, nascosto come una lumaca che si ripara dal
sole attaccata sotto una foglia di lattuga. Smanacciò un poco, almeno quel
tanto per riuscire a sostenere il preservativo e riuscire a srotolarcelo
sopra. Cominciò a succhiare schifata. Le veniva il vomito, ma non tanto
per quel boccone di traverso, quanto per l’odore putrido dell’uomo, che,
forse, non riusciva nemmeno a usare il bidè tanto era obeso. Andava di
sotto e di sopra, lavorando di grosso e di fino con la lingua e nel
frattempo il grassone, con gli occhi chiusi, riempiva l’abitacolo del suo
SUV del cazzo di fremiti di piacere dai toni bassi e quasi di lamento,
simili ai latrati di un cane.
- Giuseppe
restituì l’infante chetato alla madre. Per una volta si era sentito utile
l’oscuro falegname di Nazareth, lui che per mestiere era utile e
necessario e che, invece, per volere di un dio minore della sua tribù, da
quando aveva conosciuto quella ragazza gravida di un altro, era stato
costretto all’esilio per fuggire il disprezzo e lo scherno di quanti
conosceva e stimava. Avrebbe dovuto ripudiare la promessa sposa secondo
l’usanza ebraica. Aveva cercato di farlo in segreto. Ma non ne aveva avuto
il coraggio, era un brav’uomo, non era abituato a farsi rispettare. Così
si era chiesto se davvero questo fosse il disegno di un dio.
- Mmm, aah,
vengo! Il chiattone era venuto dopo nemmeno un minuto di coito e quando
ancora ce l’aveva mezzo moscio. Che buffone! - pensò Mary - voleva fare senza
guanto ed è bastato che sentisse l’odore della fica per qualche secondo
per arrivare! Stronzo, dammi i miei 15 Euro! Dammi il resto di 100. E dove
cazzo lo prendo, sei il primo stasera. Aspettami nella baracca, vado al
distributore di benzina e mi faccio cambiare la banconota da 100 euro.
Mary imprecò in albanese, la sua lingua natale, mentre il SUV si
allontanava veloce. Quando era incazzata veramente, davvero non riusciva a
imprecare in italiano. Sapeva che quello stronzo figlio di puttana non
sarebbe mai tornato per pagarla. E fu allora che, disperata, alzò gli
occhi verso il buio pesto del cielo, per trovare conforto e quasi per
chiedere a chi sta in alto, il perché di quello che le capitava, facendo
quella vita di merda. Aveva la vista acuta Mary, fin da quando, bambina
sui monti di Albania, avvistava l’aquila, mentre badava al pascolo dei
tacchini fra i boschi. Ma stasera c’era una cosa strana a destra della
costellazione del piccolo carro. Sembrava una piccola striscia d’argento.
Aguzzò lo sguardo, e fu allora che comprese l’oggetto che stava
osservando. Cazzo era una cometa. Brillava fulgida sulla volta celeste ed
era il giorno di Natale di duemila anni fa.
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