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martedì 6 maggio 2014

CORTI - Anno zero

Cineclub Vittoria Casagiove Caserta, 8 maggio ore 20:00



Una serata dedicata al mondo dei cortometraggi. Opere firmate da:

Giulio Caputo
Eric Alexander
C&C production (Carlo Milite e Giuseppe Donte Carrabba)
Antonio Zannone
Sergio Manfio (Liceo Manzoni di Caserta)
Max Nardari

Daniele Coluccini e Matteo Botrugno

Durante la serata ci saranno tre proiezioni speciali a sorpresa.
La serata verrà condotta dalla giornalista Patrizia Papa e dal Romano Montesarchio regista dei documentari “La Domitiana” e “Ritratti abusivi”.
Il pubblico presente in sala voterà i cortometraggi e l'opera vincitrice verrà premiata con una targa. 
Partecipazione alla serata la rock band “Dica33”.
Ingresso gratuito.

Info: 338 4928582

lunedì 10 febbraio 2014

SURTOUT LA CUISINE: Reinventare la tradizione delle ricette classiche

Surtout la Cuisine n° 1 / LE FOTOGRAFIE...


© SURTOUT LA CUISINE Reinventare la Tradizione delle ricette classiche è un progetto di Stefano di Stasio



QUICHE ai PEPERONI ROSSI e FORMAGGIO di CAPRA



TARTE AL LIMONE e LIME



Le ricette sono in questo blog nella stessa pagina. Il link diretto è:

® Testo e foto di Stefano di Stasio. Tutti i diritti sono riservati

venerdì 7 febbraio 2014

MOVIE CAMERA: il film documentario - Christian Coduto intervista il regista Romano Montesarchio

In questo numero pubblichiamo qui di seguito l'articolo scritto da Christian Coduto in occasione della serata di presentazione dei film documentari La Domitiana. Dove non c’è strada non c’è civiltà e Ritratti abusivi  di Romano Montesarchio.

© MOVIE CAMERA è un progetto di Stefano di Stasio





Serata di grandi emozioni al Cineclub Vittoria

I trecento spettatori accorsi in sala hanno assistito ad una doppia proiezione: “La Domitiana. Dove non c’è strada non c’è civiltà” e “Ritratti abusivi”, due docufilm ideati e diretti da Romano Montesarchio, giovane regista casertano.                                                                                               
Negli ultimi anni il genere documentaristico ha acquisito un interesse via via sempre maggiore da parte del pubblico (ne è testimonianza il recente successo ai botteghini di “Vado a scuola” di Pascal Plisson). Il bisogno di vivere la realtà attraverso il linguaggio filmico d'autore è un’esigenza che si sta facendo strada nella mente delle persone. “La Domitiana” affronta con un occhio disincantato e critico il lento ed inesorabile declino di una zona della Campania che avrebbe molto da offrire. “Ritratti abusivi” racconta con ironia la vita di alcuni abitanti della zona del "Parco Saraceno", tra illegalità e violenze quotidiane.

Mentre, tra il primo e secondo spettacolo, Massimiliano Gaudio (autore della colonna sonora dei due progetti) intrattiene il pubblico presente con uno spettacolo musicale affascinante e suggestivo, ho l’opportunità di scambiare "quattro chiacchiere" con il regista. 

C’è un’aria di amichevole complicità: Romano Montesarchio appare sereno, disponibile e padrone della materia trattata nelle sue opere. Sono argomenti che sente davvero, non sono “compitini” che si è imposti o che gli sono stati affidati. Quello di raccontare il mondo è un suo bisogno innato.                                           

“Ritratti abusivi”, esordisce,  “è una sorta di secondo capitolo de La Domitiana. Dopo quel documentario, mi ero reso conto di non aver completato il mio lavoro: mi ero perso l’interno delle case. Da qui l’esigenza di ritornare in quei luoghi e di descrivere altri punti di vista. Per completare il documentario sulla Domitiana sono stati necessari sei anni. Per questo progetto ne sono serviti altri tre, anche perché una volta entrati nel Parco Saraceno, non ne esci più. Magari per il capitolo conclusivo di questa trilogia impiegherò solo un anno (ride)”.  

“Lavorare con gli immigrati e con persone che occupano illegalmente delle abitazioni non deve essere stato facile, in termini di fiducia, all’inizio…”                                                                                 
“La fiducia deve essere conquistata. Ho fatto capire loro che il nostro progetto  non era finalizzato a speculare su una situazione, quanto piuttosto uno studio antropologico. Volevo che emergesse la loro umanità. Credo di esserci riuscito. Giusto per dire, quando il documentario è stato presentato al Festival di Roma, un gruppetto degli abitanti del Parco Saraceno è venuto a darmi manforte. Durante la proiezione ho visto uno di loro che piangeva sommessamente, in disparte”.     

“Tra quelli rappresentati nel documentario, quali sono i personaggi ai quali sei più affezionato?”   “Sicuramente Vincenzo, il parcheggiatore, e Costantino, l’uomo che si diverte a proclamare dal terrazzo”.                                                                                                                                                                 
“Ciò che lega i due progetti”,   prosegue , “è il concetto della integrazione, un tema al quale sono legato. Credo che l’immigrazione sia un elemento fondamentale:  comporta uno scambio culturale. Geograficamente parlando, l’Italia è in una posizione privilegiata. E’ un peccato che non si sia ancora verificato del tutto il processo di integrazione culturale. Negli Stati Uniti, per esempio, convivono razze diverse; ciò garantisce un proficuo scambio di idee, permettendo così una continua evoluzione.
Il tema dell’integrazione è il fulcro centrale di un mio altro documentario: "Arapha – Ragazza dagli occhi bianchi",  in cui parlo di questa ragazza affetta da albinismo che vive in Tanzania. Una sorta di razzismo al contrario ”.                                                                                                           

“Parliamo un po’ degli aspetti tecnici…”                                                                                                 
“Ritratti abusivi è stato girato con una Canon 5d mark II, una macchina fotografica che permette di realizzare anche dei filmati di ottima resa. Ovviamente, rispetto ad un lungometraggio di finzione, girare un documentario presenta delle difficoltà oggettive: è tutto improvvisato, devi seguire l’istinto e, in un certo senso, prevedere quello che sta per accadere…”                                           

“Il film è stato proiettato in anteprima proprio al Cineclub Vittoria: quando uscirà nelle sale Ritratti abusivi?” 
“A marzo. L’Istituto Luce si occuperà della distribuzione,  poi, dopo l’uscita in home video, verrà proiettato su Rai Uno”. 
                                                                                                                               
“Ho notato che i registi casertani trattano spesso argomenti  delicati nelle loro opere. In Esterno sera  Barbara Rossi Prudente parla di incesto, Animanera  di Raffaele Verzillo ruota intorno alla figura di un pedofilo. Tu parli di immigrazione e mini criminalità. C’è questa tendenza a scavare nella superficie e andare in profondità…”
“Beh, immagina di entrare in una stanza per la prima volta: inizialmente osserverai le pareti, poi, a mano a mano, scoprirai degli oggetti che non avevi visto e ti soffermerai sui particolari più piccoli. Il compito del regista è proprio questo: approfondire sempre di più”. 

“C’è qualche altro progetto documentaristico che ti ha colpito, recentemente?”                            
“Certo. The act of killing, di Joshua Oppenheimer”.

“Un’ultima domanda: dopo tanti documentari, non hai voglia di lanciarti in un lungometraggio di finzione?” - “Sì, ho un’idea per un film che oscilla tra il drammatico e il surreale. Un po’ alla David Lynch ” . - “Quello di Elephant man o di Mulholland drive?” - “Quello di Strade perdute”.

Si ringrazia vivamente Romano Montesarchio per questa chiacchierata così stimolante e ricca di spunti interessanti, e il Cineclub Vittoria di Casagiove, da sempre sinonimo di cultura, per aver accolto favorevolmente la proiezione di questi due notevoli docufilm.

E’ da sottolineare, infine, il grande coinvolgimento da parte degli spettatori che, interessati ai temi trattati, hanno fatto diverse osservazioni e posto numerose domande al regista, al soggettista Vincenzo Ammaliato, al musicista Massimiliano Gaudio e al montatore Davide Franco.

© Articolo realizzato da Christian Coduto il 2 Febbraio 2014

mercoledì 5 febbraio 2014

MOVIE CAMERA: assegna il Gold Camera 2013

Ebbene sì, questa rubrica ha deciso di assegnare una nomination al film che viene ritenuto ilmigliore dell’anno 2013 dalla redazione. Il primus inter primos viene battezzato Gold Camera. Verrà assegnato anche una nomination al secondo film a nostro giudizio in ordine di prestigio, che viene battezzato Silver Camera. Trattandosi di un’espressione di stima incondizionata anche se, lo ammettiamo, di nullo valore economico e commerciale, il premio viene accompagnato da una breve motivazione e dalla scheda del film.

La prima edizione di Gold Camera per il 2013 è assegnata a:

IL CAPITALE UMANO
Regia di Paolo Virzì

MOTIVAZIONE

L’ordito e la trama del film vengono imbastiti con magistrale eleganza e raffinatezza nella libera interpretazione in chiave Italica dell’omonimo romanzo di Stephen Amidon,. Con un cast di eccezione (Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni, Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio e i giovanissimi Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo), Paolo Virzì, con la collaborazione di Francesco Bruni e Francesco Piccolo per la sceneggiatura,  gestisce un film a episodi nel quale la verità della vicenda, che diventa anche oggetto di indagine di polizia, si completa via via a partire dal punto di vista di ogni protagonista, esplorando i ceti sociali, a partire da quelli privilegiati fino a quelli ai confini dell’emarginazione, senza retorica e con metro di competenza magistrale. Movie Camera conferisce il Gold Camera come premio intangibile ad esprimere la misura incondizionata della sua stima a Paolo Virzì che, ancora, dopo 17 anni da “Ovosodo”, ci dimostra senza fronzoli da un lato la ineludibilità delle gerarchie economiche e sociali ma, dall’altro, la differenza fra i sentimenti che vivono gli adolescenti pur et dur e le vacuità dei moti d’animo delle generazioni adulte specialmente dei ceti più ricchi, incardinate dalle catene del perbenismo. Un grazie di cuore a tutti gli interpreti per aver scritto una pagina diamantina della settima arte made in Italy che emoziona ed entusiasma. Una menzione al direttore della fotografia Jérôme Alméras  che ci ha emozionato per la delicatezza dei paesaggi e delle inquadrature di interpunzione nel corso della narrazione cinematografica.



SCHEDA del FILM

Regia: Paolo Virzì
Interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Matilde Gioli, Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo
Musiche: Carlo Virzì
Montaggio: Cecilia Zanuso
Scenografia: Mauro Radaelli
Costumi: Bettina Pontiggia
Suono in presa diretta: Roberto Mozzarelli
Produzione: Fabrizio Donvito, Benedetto Habib, Marco Cohen per Indiana Production Company, in Collaborazione con Rai Cinema e Manny Film
Distribuzione: 01 DISTRIBUTION
Paese, Uscita: Italia e Francia, 2013
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 109 min
Formato: colore


lunedì 3 febbraio 2014

SURTOUT LA CUISINE: Reinventare la tradizione delle ricette classiche

“SURTOUT LA CUISINE”, in Italiano “Soprattutto la Cucina” è una nuova rubrica di Parole e Fotografie che nasce per questa forma di arte silenziosa con volío giocoso e senza pretese di exploit, ma con l’intenzione precisa di regalare ai lettori uno strumento facile e di costi contenuti. È una rubrica per coloro che pensano alla cucina come espressione di “amore materiale” per le persone che si amano, oltre che come cultura del quotidiano. Il titolo è in parte in Francese perché da sempre la tradizione d’oltralpe fa scuola in questo settore e, tuttavia, vedremo che il carattere di questa “ottava arte” è da sempre inter-etnico. Esempi sono La Nouvelle Cuisine, la cucina Siciliana e le cucine dei paesi del Maghreb, che nascono come arricchimento, contaminazione e presentazione dei piatti (il dressage) la cui ricetta originale proviene dall’estremo oriente, dalla cultura di dominazione Saracena e dagli scambi con in sub-Sahara per mezzo delle carovaniere che commerciavano il sale passando per Timbuctu.
Ci piace, a riguardo, immaginare la storia di un ragazzo di famiglia modesta e non corrotta, francese, siciliano o del Marocco che ha studiato fra mille difficoltà ed è riuscito a laurearsi grazie alle cure dei propri genitori. Che non trova uno straccio di lavoro nel suo paese e che parte per essere assunto oltre frontiera come  garzone di cucina di uno Chef severissimo. E che lo Chef ne capisce le frustrazioni e le doti, che gli insegna ciò che non ha mai pensato di rivelare ad alcuno, le ricette degli Eloin. Ma questa è una leggenda. Ve la racconto un’altra volta…


Le ricette che presenteremo sono state tutte verificate e realizzate in diverse varianti. Potete scrivere al redattore all’indirizzo stefano.distasio1600@gmail.com.

© SURTOUT LA CUISINE: Reinventare la Tradizione delle ricette classiche è un progetto di Stefano di Stasio



Surtout la Cuisine n° 1 / LE PAROLE...

LA PASTA BRISÉE

Il primo numero di “SURTOUT LA CUISINE” è dedicato alla pasta brisé (brisée in francese). Si tratta di un impasto che viene usato da sempre nella preparazione delle quiche o tarte, in francese, ovvero di torte salate o dolci in italiano, dove, però, i due termini non trovano la giusta distinzione.

Per la preparazione della pasta brisé occorrono 200 g di farina, 70 ml di acqua molto fredda, 90 g di burro e, nella versione francese, un uovo. La farina va mescolata con il burro tagliato a tocchetti sottili, e un pizzico di sale e di pepe. Si miscela a secco per formare una sable, una sabbia in italiano. Poi si aggiunge a poco a poco l’acqua si lavora e si aggiunge, se si vuole il rosso dell’uovo battuto, serbando da parte il bianco e lavorando velocemente. Quando la pasta non attacca alle mani si avvolge nella pellicola trasparente e si ripone in frigorifero per un’ora a compattarsi. Dopo si imburra e infarina uno stampo da quiche in ceramica del diametro di 28 cm circa. Si stende la pasta con un margine tale da arrivare al bordo superiore dello stampo in ceramica, agganciando i bordi alla parte posteriore dell’orlo. Attenzione a non frantumare la pasta nello stenderla, né a renderla troppo sottile. Con una forchetta si punzecchia il fondo della sfoglia. Si usa poi un foglio di carta da forno che si stende sulla pasta nello stampo in ceramica ricoprendolo di fagioli o ceci secchi per assicurarne la tenuta. Si inforna a 180°C per 20 min. Questo tipo di cottura viene detto di cottura cieca e serve a impedire che la pasta di sollevi o formi delle bolle durante la cottura. Dopo 20 min si rimuove la carta da forno e i fagioli o i ceci che si possono conservare per altre preparazioni di pasta brisè, e si spalma sul fondo il bianco dell’uovo. Di nuovo in forno per 10 min. Si toglie dal forno  e si decide quale delle due ricette seguenti si desidera preparare (è molto meglio deciderlo prima, comunque).



QUICHE ai PEPERONI ROSSI e FORMAGGIO di CAPRA

Per questa ricetta è necessario aver grigliato nel forno 4 peperoni rossi e callosi (1.5 kg circa) per 1 ora. Dopo che sono abbrustoliti, si inseriscono in una busta di plastica, si chiude bene e si lascia raffreddare. Questo procedimento ha l’effetto di facilitare il distacco della pelle dei peperoni dalla polpa. Dopo aver pelato i peperoni ed eliminato i semi si tagliano in filetti e si asciugano con la carta assorbente (di solito contengono ancora molta acqua). Riservare un filetto per la decorazione e mixare il resto dei peperoni, con un cucchiaio di aceto balsamico, uno spicchio d’aglio e la scorza di un limone grattata finemente. Salare  e pepare. Miscelare la crema di peperoni con un formaggio fresco, preferibilmente al latte di capra, uno yogurt bianco naturale intero di 125 ml e due uova battute. Aggiungere noce moscata grattata e coriandolo finemente tritato. Salare e pepare.
Versare nell'incavo di pasta brisè estratta dal forno come prima indicato. Guarnire la superficie con i filetti di peperone riservati. Infornare per un’ora. Servire caldo con un'insalata di indivia belga, parmigiano e aceto balsamico.
Abbinamento: un vino rosso (per esempio un Aglianico DOC del Taburno Arces-Torre dei Chiusi o Aglianico DOC Sannio-Aia dei Colombi).


TARTE AL LIMONE e LIME

Per  questa ricetta occorrono 250 g di ricotta, ) meglio se di bufala, 250 g di formaggio molle (tipo Philadelfia, 4 uova, 125 g di panna da cucina, 100 g di zucchero di canna, un cucchiaio raso di Maizena (amido di mais), due limoni appena colti, un lime del Brasile (al supermercato), mezzo baccello di vaniglia, semi di papavero.
Grattare finemente la scorza dei limoni, quindi premere il lime e battere a freddo il succo con il cucchiaio di Maizena fin quando l’amido di mais si solubilizza completamente.
Rompere le uova e separare i bianchi dai rossi. Battere i rossi in una ciotola con lo zucchero, poi aggiungere la ricotta, il formaggio molle, la scorza grattata dei limoni, il succo di lime unito alla Maizena, un pizzico di sale, la panna e i semi del mezzo baccello di vaniglia. Se necessario utilizzare il battitore elettrico fino ad ottenere una crema liscia.
Riprendere la pasta brisé come già preparata in forno nella prima sezione di questo numero. Montare a neve ferma i 4 bianchi d’uovo prima riservati. Mescolare con una spatola di legno o silicone i bianchi a neve con l’impasto di formaggio e ricotta prima preparato. Versare questa miscela nella pasta brisé e decorare la superficie con i semi di papavero.
Infornare per 45 min finché la superficie non sarà rassodata (basta toccare con un cucchiaino). Servire a temperatura ambiente con una confettura fresca di mandarini e litchi.
Abbinamento: un vino bianco (come la Falanghina di Roccamonfina Vendemmia Tardiva-Telaro) o un vino liquoroso (per esempio Anghelu Ruju-Sella & Mosca).

© Articolo realizzato da Stefano di Stasio e pubblicato su Parole e Fotografie il  3 Febbraio 2014. Tutti i diritti sono riservati.



giovedì 23 gennaio 2014

Intervista a Paolo Pajer, autore di "IL PUNTO ESTREMO"

a cura di Stefano di Stasio






Dalla quarta di copertina:

Tre vite legate fra loro da un corso circolare del tempo. Un libro, scolpito pazientemente con una prosa quasi zen, che racconta della vita e della morte con l'ironia e la curiosità  che ci permettono, giorno dopo giorno, di spingere lo sguardo dietro l'angolo.


Buongiorno Paolo. Comincerei dal titolo: Il Punto Estremo. È un libro interessante perché come si legge dalla quarta di copertina si tratta di un esperimento linguistico oltre che letterario. Lo si potrebbe vedere come una partitura  a tre voci, oppure un monologo a tre voci, oppure una sola voce con tre toni o timbri diversi, Zero, Claudio e Adele. In realtà la percezione è quella di un unico umano dolore.  Perché la scelta del titolo?

Buongiorno a te, Stefano. Il punto estremo rappresenta concettualmente il punto esperienziale più lontano che nella vita possiamo raggiungere, che potrebbe anche coincidere con l’ultimo. Per chi ci crede in questo caso coinciderebbe anche con il primo di un altro tipo di esperienza metafisica e spirituale.
Il punto estremo è anche, simbolicamente, il punto più alto da scalare in una montagna, il punto più lontano dalle cose e dalle persone. Ma è anche il punto più profondo in una disperazione, la soglia ultima del dolore, il confine fra aiuto ed oltraggio, fra pudore e diritto di non esistere.
Attraverso l’esperienza di Adele e Claudio ho cercato di presentare anche questo tipo di punto estremo.
Zero, invece, trova il punto estremo nella sua breve, immatura ed acerba conoscenza del mondo che ha appena sfiorato nei suoi brevi istanti.


Colpisce il lettore la lucidità con cui è stata concepita l’architettura della meta-narrazione. I tre personaggi Zero, Claudio e Adele appaiono e scompaiono ognuno con un tempo proprio di scansione di vita: istanti, ore, giorni. Anche la punteggiatura e le pause sono estremamente “volute e precisate”, come per esempio i punti scanditi come rintocchi di orologio nelle cinque righe finali. Come è nata l’idea di questa “grammatica”?

La storia del libro è particolare. Inizialmente volevo esplorare l’evento-morte, la perdita. Mi affascina perchè non riesco a comprenderne bene la portata assoluta e al tempo stesso sono curioso di scoprirlo. Inoltre è uno dei grandi tabù della società moderna, che si spinge tecnologicamente in prospettive velocissime ed inimmaginabili. La morte è la sconfitta della scienza, ma a volte è solo il trionfo della vita.
Avevo pensato di avvicinare il tema da tre angolazioni distinte ma convergenti: dall’inizio della vita, a metà e alla fine.
Ecco allora la scelta di tre protagonisti: un feto, una donna e un vecchio.
Ho scelto il feto soprattutto perchè rappresenta al meglio il momento assoluto dell’inizio. È un po’ il punto estremo dell’inizio.
Durante la scrittura mi sono accorto che, trattandosi di esperienze soggettive, e nel caso di Zero di un’esperienza totalmente immaginaria, avrei potuto mescolare aspetti quotidiani con elementi temporali diversi, attraverso legami di vario tipo e intervallando il ritmo della narrazione, creando un effetto-palcoscenico che chi lo legge visualizza facilmente.
C’è una specie di ritmica che dirige i tempi in quelle pagine. Come in ogni melodia anche le pause possono essere parte della ritmica. Il gioco dei puntini è, anche graficamente, l’avvicinarsi della conclusione, uno scandire il conto alla rovescia che può essere il battito del cuore, il respiro, la fine del tempo. È venuto un po’ per caso ma risiede nella cura con cui ho cercato di lavorare specialmente ai dettagli di questo piccolo libro.
Ho cercato di usare un numero molto basso di pagine, asciugando quasi all’estremo (ecco un altro punto estremo) la narrazione ed avvicinandomi a volte alla poesia, anche per cercare un effetto contrario alla saturazione che fanno i libri molto lunghi.
Chiedo al lettore di evocare le proprie emozioni per arricchire ciò che legge.
È un senso di perdita anche avere conosciuto solo pochi tratti di Zero, Claudio e Adele.


La foto di copertina e la dedica. Qual è la relazione fra l’altipiano di El Alto con sullo sfondo la Cordillera Real e “a chi resta, a chi resiste, a chi se ne va” ?

La foto è stata scattata in Bolivia a gennaio 2008, in uno dei luoghi più straordinari che abbia mai visto, a suo modo un luogo estremo.
La dedica rappresenta un pensiero a tutti coloro che vivono, suddividendoci in coloro che scelgono di restare, cioè di vivere, in chi cerca di resistere, o chi se ne va, anche per propria decisione.
In questo libro parlo di morte, ma anche di scelte.
La morte può essere una scelta, che alcune persone possono vivere come liberatoria.
In altri casi invece ci si prova, a vivere, affrontando le giornate una per volta. Ecco perché a chi resiste.
Ho cercato di esplorare il dramma interiore di Adele e di Claudio, drammi che credo ogni uomo prima o poi potrebbe sperimentare durante la vita.


L’incipit del lavoro si può pensare coincidere con l’istante 1 di Zero. Personalmente, lo ritengo più una poesia su “l’istante della creazione di un’anima” che una narrazione in prosa. Però citerei la parte finale: “…Non ho sensi per raccogliere qualcosa: sono un filo appena visibile appeso nel buio./ E mi sono appeso nel buio sbagliato. / Che culo”. A parte la forte empatia che nasce spontanea per tanta franchezza, la domanda è: come si combinano casualità, esistenza e volontà?

Non lo so, forse in maniera molto semplice. L’idea di Zero è nata dalla ricerca dell’inizio della vita, altrettanto affascinante e misteriosa come la fine.
Zero, effettivamente, ha dei tratti che non sono propri di un bambino: ha una maturità di pensiero e di emozioni che lo collocano in una fascia di età evidentemente più elevata, ma che forse consente al lettore maggiore empatia.
L’ho “condannato”, collocandolo in un buio sbagliato, cioè in una gravidanza extrauterina che va tolta chirurgicamente e in fretta per evitare la morte della madre.
Al tempo stesso gli ho dato una capacità di pensiero (che lui paradossalmente sa di non poter avere) come regalo estremo per lasciare una traccia flebile nel suo piccolo percorso.


Claudio dice “Quando vali poco sei un peso, non ti importa se la gente ti ride dietro”, ora 1. E ancora, ora 4: “Dovremmo stabilire, ognuno per sé, quale sia il limite fra la vita e l’oltraggio…”. E la condivisione dov’è finita? Dove ce la siamo persa? E la “compassione” per dirla come Ghandi? E la “misericordia” di cristiani e mussulmani?

Ho cercato di esplorare il concetto di compassione visto dal punto di vista del destinatario.
Nessuno di noi si immaginerebbe che l’età avanzata, desiderata perché sinonimo di lunga vita, possa essere invece un epilogo triste, immobilizzati in un letto o su una sedia a rotelle. Mi sono chiesto se chi vive questa condizione, ed ha ancora una relativa lucidità mentale possa rivedere i propri schemi valoriali, le proprie priorità.
Io non so se vorrei restare aggrappato a tutti i costi ad una vita che mi releghi ad essere totalmente passivo. Ma lo penso qui ed ora. Non so cosa penserei se ci fossi veramente in una situazione del genere.
È un pensiero ed un confine che variano nel tempo e da persona a persona, da cultura a cultura.
Allo stesso tempo credo che nessuno possa però imporre la vita ad ogni costo, atteggiamento che alla fine forse ha prodotto il tabù della morte che stiamo vivendo oggi.
È perdita solo la morte o anche una vita che una persona non considera tale?
Io non ho risposte, ho cercato solo di esplorare le domande.


Zero, istante 4. Il pianto della madre, di nuovo una delicata e tenera poesia. Secondo te, solo prima di nascere l’uomo è poeta sul serio?

Se intendiamo per poesia la trasparente ed armonica manifestazione delle proprie emozioni no.
Ma, forse, è solo prima di nascere che l’uomo è incontaminato, quando ha una relazione esclusiva e totale con il luogo (la persona) dove ha avuto inizio. Prima di nascere l’uomo non è contaminato dal mondo. In questo ambito si cela uno dei misteri che l’uomo, inteso come maschio, non potrà capire mai. Io pertanto ho solo provato a immaginare un legame emotivo ed empatico fra madre e figlio che conosciamo in termini biologici, ma che probabilmente esiste anche su altri piani.


Adele si interroga: “Cos’è il tempo per una montagna ?”. Per te Paolo Pajer che cos’è il tempo? E che rapporto hai con le montagne?

Il tempo è una variabile strana: è una certezza, è assoluto, è a prescindere. È l’uomo, come sempre, che lo interpreta, pertanto abbiamo un tempo veloce, un tempo tiranno, un tempo buono e uno cattivo. Un tempo lento. Personalmente credo che il tempo sia un alleato molto forte per i momenti negativi: non può che lavorare a favore.
Il mio rapporto con la montagna è molto profondo. Ho alcune montagne che rappresentano per me il ritorno alle origini, e l’ambiente della montagna, i suoi silenzi che non sono mai silenzi assoluti ma rumori di sottofondo, è la rassicurazione di fronte alle pochezze umane.
La montagna per me è la dimensione della solitudine più proficua, più condivisa.
Adele compie una scelta molto forte, estrema, e sceglie la montagna come ambito dove compierla. La montagna è simbolicamente la mano estrema ed accogliente che la proteggerà, il grembo dove potrà tornare. 


L’introspezione: con le parole di Claudio, ci si chiede come facciano talune persone a vivere una vita intera basandosi su ciò che non vogliono vedere, una vita parallela. Ti chiederei: quanto del coraggio di voler vedere può aiutarci a vivere senza dolore?

La scelta, o la condizione, di vivere vite parallele dove non consideriamo le cose che ci fanno male è proprio una strategia per soffrire meno. A volte il compromesso ha tenuto assieme famiglie per anni, ha permesso di sopravvivere alla solitudine.
Il coraggio di vedere è il coraggio di sapere e di affrontare la sofferenza. Non credo che il coraggio di voler vedere possa far diminuire l’effetto del vedere, forse lo depotenzia.
A volte ci sorprende come le persone siano in grado di vivere due vite parallele, una esteriore e una interiore, e come questo parallelismo riesca a stare in piedi per tanto tempo.
Ma forse è solo una nostra interpretazione, o un limite.


Una domanda a bruciapelo: che cosa dà gioia a Paolo Pajer?

Mi dà gioia sentirmi utile, riconoscermi in un luogo o in persone.
Regalarmi un giorno in montagna, una passeggiata con mia moglie, ma anche lo sguardo di mia figlia quando la sveglio la mattina, la buona impressione che lascia mio figlio sulle persone.
Da un certo punto di vista scrivere mi dà molta gioia, ed è un’attività simile al camminare in montagna.


L’ultima domanda è convenzionale. Me ne scuso ma noblesse oblige: qual è il tuo prossimo “esperimento narrativo”? Vista la riuscita eccezionale del primo, si dovrebbe proseguire. O no?

Nella domanda c’è una considerazione estremamente lusinghiera, della quale ti ringrazio di cuore.
In questo periodo sto scrivendo dei racconti. Trovo che il racconto sia una forma narrativa molto interessante e affine a Il punto estremo, perché permette di tratteggiare in poche righe persone e situazioni, lasciando al lettore il suo spazio vitale.
Non so se riuscirò mai più a fare una cosa complessivamente originale come Il punto estremo, di certo è stato un momento necessario, fortunatamente fatto e che ora, con mia grande soddisfazione, posso annoverare fra le cose buone che sono riuscito a fare.

Grazie e a presto, Stefano.

SCHEDA DEL LIBRO
Titolo: IL PUNTO ESTREMO
Autore: Paolo Pajer
Editore: Erga
Data di Pubblicazione: Ottobre 2012
ISBN-13: 9788881637355
Pagine: 48 Formato - Prezzo: Brossura, 6,00 Euro


© Intervista realizzata da Stefano di Stasio il 16 e 22 gennaio 2014. Pubblicata su Parole e Fotografie il 24 Gennaio 2014






sabato 11 gennaio 2014

MOVIE CAMERA: le proposte di visione 2013-2014

Infine, le proposte. Per i migliori auspici dell’anno appena iniziato, MOVIE CAMERA vi propone una rassegna essenziale dei film più interessanti di cui si è avuta notizia in questa stagione 2013-2014, eccezionale per qualità e varietà di tematiche. Un appunto sulle opere che, a parere della redazione della rubrica, possono dare un segno dei tempi oltre che  particolare piacevolezza di visione. 
Qui di seguito trovate dieci suggerimenti di visione per altrettanti film, con una motivazione volutamente sintetica e anche un po' nebulosa, per non incrinare e anzi sollecitare la fiera curiosità dello spettatore alla scoperta di una traccia cinematografica. 
Sono riportati anche alcuni dati tecnici dei film che aiutano a inquadrarne la genesi.
Come sempre la lista non pretende di essere esaustiva e perciò chiunque volesse segnalare un film che reputa meritevole di nota può scrivere al redattore all’indirizzo qui sotto.

stefano.distasio1600@gmail.com

© MOVIE CAMERA è un progetto di Stefano di Stasio


Titolo del film: GIOVANE E BELLA
Titolo originale: Jeune et jolie

Regia: François Ozon


Perché è suggerito da Movie Camera
Un tema e una modalità di narrazione cari ai nostri cugini d’oltralpe, la prostituzione di una giovane donna la cui vicenda è scandita dal ritmo delle quattro stagioni. Una diciassettenne rifiutata dal padre che vive il dramma dell’adolescenza spinta dal bisogno di accumulare ricchezze materiali. Senza giudizi, un ritratto realistico di una ragazza che decide di voler gestire in modalità di mercimonio il proprio capitale di avvenenza.

Interpreti: Marine Vacth, Charlotte Rampling, Frédéric Pierrot, Géraldine Pailhas, Nathalie Richard, Johan Leysen
Genere: Drammatico
Paese, Uscita: Francia, 07/11/2013
Durata: 95 Min



Titolo del film: SORROW AND JOY
Titolo originale: Sorg Og Glæde

Regia: Nils Malmros



Perché è suggerito da Movie Camera
Un dramma familiare che tocca ogni anno, in Italia e nel mondo, migliaia di donne in gravidanza. Vissuto in prima persona dal regista che ha trovato, insieme alla compagna, la forza e il coraggio di raccontarlo.

Interpreti: Jakob Cedergren, Helle Fagralid, Nicolas Bro, Ida Dwinger
Genere: Drammatico
Paese, Uscita: Danimarca, 2013
Durata: 107 min



Titolo del film: IL VENDITORE DI MEDICINE
Regia: Antonio Morabito


Perché è suggerito da Movie Camera
Un cast di eccezione per una fiction sulla realtà dell’informazione scientifica del farmaco e sulla vergogna della pratica del comparaggio.

Interpreti: Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Marco Travaglio, Evita Ciri, Roberto De Francesco, Ignazio Oliva, Giorgio Gobbi, Vincenzo Tanassi, Leonardo Nigro, Ippolito Chiarello, Alessia Barela, Paolo De Vita, Pierpaolo Lovino, Beniamino Marcone, Roberto Silvestri

Genere: Documentario
Paese, Uscita: Italia, 2013
Durata: nd


Titolo del film: I CORPI ESTRANEI
Regia: Mirko Locatelli


Perché è suggerito da Movie Camera
La storia di un padre che vive da solo la disperazione e l’angoscia accompagnando lungo il percorso operatorio il suo bambino di un anno. Il rapporto ostile e violento con un giovane tunisino. Una parabola dell’integrazione fra le diverse nazionalità e provenienze geografiche. Interpretazione di ruolo pur et dur da parte di Filippo Timi nei panni di un personaggio cucito su misura per le caratteristiche uniche di questo grande attore.

Interpreti: Filippo Timi, Jaouher Brahim, Tijey De Glaudi, Gabriel De Glaudi, Dragos Toma
Genere: Drammatico
Paese, Uscita: Italia, 2013
Durata: 98 min.


Titolo del film: IL TERZO TEMPO
Regia: Enrico Maria Artale


Perché è suggerito da Movie Camera
La storia di un adolescente turbolento che trova nel “terzo tempo” di un grande sport, il rugby, cioè nella fase post-partita del riconoscimento cavalleresco del valore reciproco fra le due squadre che si sono affrontate sul campo di gioco, i pilastri imprinscindibili della vita di relazione, il rispetto reciproco e il senso di fratellanza.

Interpreti: Stefania Rocca, Stefano Cassetti, Lorenzo Richelmy, Edoardo Pesce, Margherita Laterza
GENERE: Drammatico
Paese, Uscita: Italia 2013
Durata: 94 min.


Titolo del film: DAL PROFONDO
Regia: Valentina Pedicini


Perché è suggerito da Movie Camera
Un film documentario su un universo senza luce negli abissi marini. Una epopea al femminile di discesa nell’Ade. Tratto da una storia vera. Suggerito con entusiasmo.

Interpreti: nd
Genere / Premi: Documentario / Premio miglior documentario al Festival di Roma 2013
Paese, Uscita: Italia, 2013
Durata: 72 min


Titolo del film: STILL-LIFE
Regia: Uberto Pasolini

Perché è suggerito da Movie Camera
Homo pietatis delle persone morte  in solitudine. Un impiegato comunale con un’occupazione insolita: dare memoria a coloro che non hanno nessuno che li possa piangere dopo il trapasso. Su questo frame denso di liturgie e funerali si innesta una storia che ci richiama alla memoria “Il fu Mattia Pascal” di Pirandello oppure qualche bizzarra vicenda di cronaca accaduta negli ultimi anni.

Interpreti: Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Karen Drury, Andrew Buchan, Ciaran McIntyre
Genere: Drammatico
Paese, Uscita: Gran Bretagna, Italia 2013
Durata: 87 min


Titolo del film: THE LUNCHBOX
Regia: Ritesh Batra

Perché è suggerito da Movie Camera
La lunchbox, ovvero la scatola in cui in India, per esigenze di tutela della propria purezza di casta, gli impiegati portano con sé al lavoro il pranzo cucinato a casa, diventa il veicolo di una vicenda esotica che veicola i colori e la freschezza della nazione, “Il gigante mite”, venuta alla ribalta di recente per lo sviluppo economico e le storie di incredibili violenze sulle donne.

Interpreti: Irrfan Khan, Nimrat Kaur, Nawazuddin Siddiqui, Denzil Smith, Bharati Achrekar, Nakul Vaid, Yashvi Nagar, Lillete Dibey

Genere / Premi: Dramma, Sentimentale / Premio del Pubblico a Cannes 2013
Paese, Uscita: Germania, Francia, India, 2013
Durata: 105 min



Titolo del film: IL CAPITALE UMANO
Regia: Paolo Virzì


Perché è suggerito da Movie Camera
Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore Stephen Amidon, che collabora alla sceneggiatura del film, è il ritratto netto e impietoso di un paese, il nostro, che da alcuni decenni sembra aver smarrito il senso della dignità e aver conosciuto l’angoscia e la disperazione. Uno spunto di valore per avviare una discussione improcrastinabile, a partire dalle macerie politico-sociali dei giorni nostri, sulla prospettive etiche, oltreché economiche, delle giovani generazioni in Italia.

Interpreti: Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio
Genere: Drammatico, Thriller
Paese, Uscita: Italia, 09/01/2014
Durata: 110 min


Titolo del film: LA VITA OSCENA
Regia: Renato De Maria. 

Perché è suggerito da Movie Camera
Lavoro cinematografico ispirato dal libro omonimo e autobiografico di Aldo Nove, che collabora con il regista nella realizzazione del film. Il nulla stridente e silente, osceno ed esasperato, cosciente e psichedelico di un giovane ragazzo che vive a Milano e che ha perso i genitori. Consigliato insieme alla lettura del libro.

Interpreti: Clément Métayer, Isabella Ferrari, Roberto De Francesco, Iaia Forte, Andrea Renzi, Duccio Camerini, Anita Kravos, Eva Riccobono
Genere: Drammatico
Paese, Uscita:  Italia, 2014. 
Durata: nd


© Articolo scritto da Stefano di Stasio l'11 Gennaio 2014