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martedì 20 dicembre 2011

Intervista a Annamaria Trevale, autrice di “Solitudini”, raccolta di racconti

a cura di Stefano di Stasio


Dalla quarta di copertina:

Dodici storie diverse per raccontare come, in un mondo che ci appare sempre più spesso sovraffollato, sia fin troppo facile ritrovarsi completamente soli, senza alcuna distinzione fra giovani e anziani, fra poveri e ricchi. Solitudini materiali, ma anche morali, di persone all’apparenza ben collocate nella società che li circonda. Solitudini a volte cercate, a volte anche subite e non sempre sconfitte, come malattie sottili, alle quali è assai difficile trovare una terapia, il cui esito del resto rimane spesso incerto.


1. Buongiorno Annamaria, vorrei cominciare questa intervista con le parole che vengono riportate nel suo racconto "Secondo capitolo", lo stesso filo conduttore ripreso nella quarta di copertina:
mi piacerebbe avere la possibilità di rivederti, un giorno o l’altro. Anche solo per parlare delle nostre solitudini, la tua cercata e la mia non voluta ma subìta
Nel suo libro si parla di diversi personaggi e di tutte le età. Di questi solo il personaggio maschile di questo racconto sembra aver scelto deliberatamente di isolarsi dal mondo andando a vivere in una piccola isola. Sembrerebbe che a pochi sia dato il privilegio di una tale scelta e che invece alla maggior parte di noi non resti che subire il destino?

Questo libro è nato dall’idea di raccontare la solitudine come condizione esistenziale che può interessare, nel bene o nel male, tutte le età dell’uomo, perciò si apre con la storia di un’adolescente e si chiude con quella di una persona molto anziana.
Ogni protagonista affronta il problema della solitudine a modo suo, a volte accettandola, a volte lottando per liberarsene, e questa lotta può avere un esito positivo o negativo.
Guido, il protagonista di "Secondo capitolo", è un uomo che dopo alcune traversie, professionali e familiari, si è ritrovato a dover azzerare completamente la propria esistenza per ricominciare da capo: come gli animali che si nascondono a leccarsi le ferite dopo aver perso un combattimento, lui sceglie di andare a vivere in un luogo solitario, dove spera di ritrovare un equilibrio. Ha bisogno della solitudine per iniziare a ricostruire la propria vita.

2. Nel racconto "Figlia unica" che apre la raccolta "Solitudini" si parla del menage familiare di una coppia con una sola figlia. La ragazza, Chiara, è una studentessa modello che cresce svolgendo mille attività e impegnandosi ogni giorno in tante discipline come lo sport, la danza, la musica. Eppure le manca qualcosa ed è una cosa semplice: la compagnia dei genitori assorbiti completamente in un freddo tran tran di lavoro e faccende. L’unica persona sensibile nei confronti di Chiara è stata il nonno che è venuto a mancare. E tuttavia il tarlo che si fa strada nella mente di Chiara e prelude alla tragica fine è il rimpianto di non essere mai riuscita a dire in faccia ai genitori che non è la ragazza brava e diligente "a comando", di non aver mai detto loro di no. Che significa per un ragazzo dire no ai propri genitori e alle loro certezze?

Quando ho scritto quel racconto, i miei figli non erano lontani dall’età della protagonista.
Nell’ambito dei loro amici e compagni di scuola ho potuto conoscere situazioni familiari molto simili a quelle di Chiara, con genitori che spesso sovraccaricavano i figli di attività extrascolastiche, più che altro per evitare che trascorressero troppo tempo a casa da soli in attesa del loro ritorno dal lavoro.
L’idea in sé non sarebbe del tutto sbagliata, ma non tutti i ragazzini sono in grado di reggere certi ritmi: ne ho visti alcuni in preda a vere e proprie crisi di rigetto nei confronti di attività svolte senza convinzione, oppure altri in cui a fare le spese di questo iperattivismo era in definitiva il rendimento scolastico.
Ci sono anche molti genitori che danno per scontato il fatto che il loro figlio debba essere sempre e comunque il più bravo, e se questo non accade nascono grandi incomprensioni. Non sempre un ragazzino è in grado di far capire ai propri genitori quanto si senta inadeguato rispetto alle loro aspettative, se queste risultano eccessive o puntano a fargli fare cose per le quali non prova alcun interesse.

3. In alcuni personaggi della raccolta, come nel racconto "Paura della realtà", la solitudine scaturisce dal terrore di mostrarsi all’altro per quello che si è. Eppure non esistono solo galantuomini e gentildonne. Quale dovrebbe essere il giusto equilibrio fra aprirsi e proteggersi dell’individuo rispetto al proprio ambiente?

La "Paura della realtà" dei due protagonisti nasce dal fatto che oggi viviamo in un mondo molto superficiale, in cui ciò che conta è prima di tutto il nostro aspetto esteriore, spesso anche indipendentemente dai pregi e dai difetti interiori dell’individuo: sappiamo tutti che in molti ambienti si può essere promossi o bocciati al primo sguardo. Francesca e Matteo sono entrambi in conflitto con il loro aspetto esteriore, e questo li rende vulnerabili perché temono di essere giudicati solo per come appaiono e non per come sono realmente, tanto da evitare nuovi incontri. Il fatto di potersi aprire o meno agli altri è un fatto molto soggettivo: c’è chi lo fa per istinto, c’è chi ha difficoltà a concedere la propria fiducia, soprattutto se ha l’impressione di essere giudicato negativamente da coloro che frequenta. Del resto anche essere troppo aperti e disponibili presenta qualche rischio, quando compiamo errori di valutazione e ci confidiamo con la persona sbagliata.

4. In diversi racconti si parla di ingegneri. In uno in particolare, un sessantenne ingegnere, Andrea, costruisce una aspettativa sentimentale sulla figura di una collega di lavoro più giovane. Cerca di schivare il pensiero ossessivo dell’attrazione per la donna evitando di proposito di incontrarla ma poi finisce per cedere e chiede di vederla. A questo punto succede l’imprevisto. Per dirla alla John Milton: La mente in se stessa alberga, e in sé può trasformare / Nel ciel l'inferno e nell'inferno il cielo. Innamorarsi è sempre un rischio, non crede?
Una mia amica, quando ha letto "Solitudini", mi ha bonariamente preso in giro dicendomi che sembro ossessionata dagli ingegneri. In realtà mi sono resa conto troppo tardi di aver attribuito questa qualifica a diversi personaggi, ma questo è dovuto al fatto che la raccolta ha riunito storie scritte in tempi diversi, a distanza di mesi o addirittura di anni, e questo particolare è sfuggito in sede di editing.
Il personaggio di Andrea, in particolare, è vagamente ispirato a una persona reale di mia conoscenza, che ha vissuto un’esperienza simile. Direi che, negli ultimi anni, a quelli che erano i rischi congeniti dell’innamoramento se ne è agginuto un altro, dovuto allo sviluppo dei nuovi rapporti interpersonali che nascono attraverso Internet. Ci sono moltissime persone che intrecciano lunghe corrispondenze grazie alla posta elettronica e che si frequentano nelle chat e nei social network, ma spesso questi rapporti virtuali non riescono a trasferirsi nella realtà, oppure, se questo accade, diventano fonte di grandi delusioni.
Naturalmente esiste anche il rovescio in positivo della medaglia, con i casi felici in cui un incontro reale conferma le affinità che erano emerse nel mondo virtuale, ma nel caso del racconto il protagonista si sente attratto da una donna di cui, in realtà, non sa quasi nulla, perciò ha difficoltà a far coincidere l’immagine virtuale, creata dai suoi bisogni e desideri, con la donna concreta che vorrebbe incontrare.

5. La tematica della immigrazione femminile e dell’assistenza agli anziani è importante nel quadro della famiglia Italiana contemporanea. Lei la presenta nel racconto "La badante" che ha per protagonisti, ancora un ingegnere e una donna Polacca molto più giovane. Qual è la sua opinione sui flussi migratori in Italia, in questo momento di recessione per il nostro paese?

Personalmente non credo che gli immigrati portino via il lavoro agli italiani, come sostengono spesso coloro che sono contrari ad accoglierli, semplicemente perché nella maggior parte dei casi sono venuti a occupare degli spazi rimasti vuoti nel mercato del lavoro: non sono più molti gli italiani disposti a svolgere certe mansioni particolarmente sgradevoli, come la cura di persone anziane non più autosufficienti, per non parlare di mestieri come l’addetto alle pulizie, il raccoglitore di frutta o il manovale. Negli ultimi anni ho purtroppo avuto occasione di frequentare spesso residenze per anziani, e solo una minima parte di coloro che ogni giorno erano impegnati a pulire, nutrire e accudire in tutte le maniere persone prive di autonomia fisica, o peggio ancora psichica, era di nazionalità italiana. La convivenza tra persone appartenenti a etnie differenti è sicuramente fonte di problemi non da poco, ma non siamo certo il primo paese occidentale chiamato ad affrontarli: che piaccia o no, la popolazione dell’Italia sarà sempre più multietnica, e del resto basta muoversi nelle strade delle grandi città per rendersi conto che il processo è ormai irreversibile.

6. Scrive Maria Miceli, una ricercatrice dell’Istituto di Scienze Cognitive e Tecnologie del CNR, nel suo lavoro in Sentirsi soli, che la solitudine è il prezzo necessario da pagare per evitare di smarrire la propria identità. Qual è il suo punto di vista?

Forse questa è un’affermazione un po’ troppo impegnativa, nel senso che non per tutti la solitudine è così importante, però credo che tutti noi abbiamo bisogno di passare almeno una parte del nostro tempo soli con noi stessi per vivere meglio, anche se la dimensione di questo tempo può variare da un individuo all’altro: ci sono persone che si sentono al meglio solo in mezzo al frastuono e alla ressa, e altre il cui ideale supremo sarebbe quello di poter vivere per sempre su un’isola deserta, mentre provano disagio negli ambienti affollati.

7. Nei suoi racconti si parla anche di anziani. Eppure non sono soli, vivono in condomini dove si trova facilmente l’opportunità di scambiare qualche chiacchiera con i vicini. Per una persona ormai fuori dal mondo del lavoro come nel caso della protagonista di "Panchine", Carlotta, che cosa rappresenta poter incontrare gli altri o addirittura, poter mettere a disposizione di uno sconosciuto il libri della biblioteca del marito defunto?

Carlotta è una donna che vive senza problemi la sua vecchiaia, anche se è rimasta da sola dopo la morte del marito: ha comunque una figlia, ha le amiche e le vicine di casa con cui scambiare due chiacchiere sulle panchine del giardinetto comunale che danno il titolo al racconto.
Appunto perché è una persona positiva e socievole, cerca di fare amicizia con un altro anziano, anche se forse un po’ meno socievole, che però attira la sua attenzione perché quando lo vede sulle panchine dei giardini lo trova sempre immerso nella lettura: l’amore per i libri era secondo Carlotaa una delle qualità più importanti del marito scomparso. E sapendo che, abitando come lei nelle case popolari, non deve trattarsi di una persona con grandi disponibilità finanziarie, trova spontaneo offrirgli in prestito i libri del marito che conserva in casa propria.

8. In un altro racconto si parla di un’anziana donna, Marta, che, al contrario di altri anziani, è seguita e accudita costantemente da una delle proprie figlie. Sembra quasi che debba addirittura sudare per essere lasciata in pace e avere il tempo di fare una telefonata. Le persone anziane a volte sono imprevedibili. Dove finisce il bisogno di assistenza e dove comincia quello di tranquillità?
Marta fa parte di quelle persone che non hanno nessuna paura di restare per un po’ di tempo sole con i propri pensieri. Si considera fortunata perché, pur essendo anziana e con qualche problema di salute, ha due figlie che si occupano di lei, ma mentre una delle due limita i suoi interventi al necessario, l’altra sembra provare una particolare gratificazione nell’accudire la madre in unmodo fin troppo assiduo. In fondo tra le due non è tanto la madre anziana ad avere problemi di solitudine, quanto piuttosto la figlia, che dopo il fallimento della propria vita affettiva sembra aver fatto dell’assistenza alla madre il suo principale scopo di vita.
Anche se è importante avere qualcuno che si prenda cura di noi quando siamo anziani e malati, credo che a nessuno faccia piacere sentirsi chiedere in continuazione come sta, cosa desidera, se ha bisogno di qualcosa… Le persone troppo premurose spesso rischiano di diventare asfissianti. 

9. Ci può parlare della sua esperienza di autrice e dei progetti futuri?
Questo temo sia un argomento delicato per tutti gli autori che, come me, non sono riusciti ad andare oltre la pubblicazione con case editrici molto piccole.
Dopo una decina d’anni di esperienze varie, con la pubblicazione di libri personali e la partecipazione a numerose raccolte di racconti con altri scrittori, oltre a collaborazioni a riviste e siti letterari online, mi sento un po’ in una fase di stallo. Ho l’impressione che esistano due mondi letterari abbastanza separati tra loro: da un lato quello dei piccoli e piccolissimi editori, dall’altro quello delle case editrici medio-alte, e temo che sia molto difficile fare il "salto" dal primo al secondo.
Conosco ormai molti autori che si aggirano da decenni nel mondo della microeditoria e dei concorsi letterari, mietendo successi in questo ambito ma senza mai arrivare a farsi conoscere da un pubblico più vasto, perciò al momento non nutro molto entusiasmo nei confronti del futuro: sto scrivendo un romanzo, ma non ho la minima idea di cosa ne farò una volta che l’avrò terminato.
Ho avuto rapporti con diverse case editrici nell’ambito della microeditoria, ma il loro rapporto con l’autore è più o meno sempre lo stesso: con rare eccezioni, si limitano a mettere a disposizione il libro stampato, ma non hanno né i mezzi economici né la disponibilità a occuparsi della sua diffusione, che ricade pressoché totalmente sulle spalle dell’autore.
Il quale poi, nella stragrande maggioranza dei casi, una volta che abbia esaurito i parenti e gli amici disposti ad acquistare la loro copia, se non ha la possibilità di organizzarsi presentazioni qua e là (cosa non certo facile e spesso anche costosa) si ritrova al palo, e spesso più frustrato di come si sentisse prima della pubblicazione.

© Intervista realizzata da Stefano di Stasio il 14 e 18 Dicembre 2011. Pubblicata su Parole e Fotografie
http://www.paroleefotografie.blogspot.com/

SCHEDA DEL LIBRO
Titolo: Solitudini
Autore: Annamaria Trevale
Editore: Prospettiva Editrice
Data di Pubblicazione: Marzo 2008
Collana: I Ridotti Interrete - 3
ISBN: 9788874184743
Pagine: 85
Formato - Prezzo: Brossura - 10,00 Euro

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