RèG 13. DOPO MORTI: le catacombe dei Cappuccini
® © 2016 Stefano di Stasio
® © 2016 Stefano di Stasio
Pace
e bene.
Salutato
il monaco, discendo nello stretto cunicolo. Dopo alcuni metri di dislivello,
l’ambiente si apre in una spelonca.
NO
FILM, NO FOTO. E’ il cartello in bella evidenza all’inizio della passerella
fatta di vetro. Si passa su un ambiente con il pavimento fessurato. A entrambi
i lati del passaggio cominciano a vedersi i primi frati esposti. Si vede che il
frate piu’ antico che e’ affacciato sul corridoio e’ un tale frate Silvestro da
Gubbio, non e’ di Palermo e risale al 1599. Le mummie sono in piedi appoggiate
a delle piccole nicchie ricavate sulle pareti e trattenute con del filo di
ferro. Molti frati portano un pezzo di fune appoggiata al collo che scende sul
davanti aperta. E’ il segno della penitenza. Nello stesso corridoio cominciano
le mummie delle persone non religiose. Sono tutte vestite negli abiti
dell’epoca. Hanno il corpetto e le scarpe. Di molti si vedono i capelli. Sul
corridoio ci sono delle casse da morto aperte di lato con una rete davanti,
nelle quali si vedono altre mummie. C’e’ l’ingresso di una stanza con sopra
scritto “colatoio”. I morti venivano lasciati la’ dentro per circa otto mesi,
poi venivano lavati con aceto e quindi rivestiti e esposti. Su ciascun cadavere
c’e’ un cartellino, spesso fatto da un foglio scritto a matita che riporta
qualche informazione. Dopo il corridoio dei cappuccini, si intravede un altro
cartello “I professionisti”. Cosi’ mi rendo conto che anche da morto non tutti
sono uguali. Medici, avvocati, pittori, ufficiali avevano ottenuto il permesso
di essere sepolti nel cimitero dai Superiori Generali dell’Ordine. Si spunta in
un incrocio con una cappella di fronte chiusa da una cancellata. Capeggia la
scritta “ …seguono l’agnello dovunque vada, sono vergini…”. Mi rendo conto che
si tratta di donne non sposate, appunto illibate e vergini. Sono vestite di
abiti bianchi. Davanti alle vergini sono esposte le piccole mummie di alcune
bambine. Tra queste una in particolare perfettamente conservata, Rosalia
Lombardo morta nel 1920. Il merito della imbalsamazione della salma fu di un
medico palermitano, tale dott. Solafia. Palermo era stata araba per centinaia
di secoli. La tradizione degli alchimisti arabi era lunga e costellata di
scoperte. Molti elementi erano stati scoperti da alchimisti arabi. Nelle epoche
successive Palermo aveva dato i natali al conte di Cagliostro. Il dott. Solafia
aveva messo a punto una procedura di imbalsamazione con la quale iniettava
delle sostanze chimiche nei cadaveri. Aveva portato con se’ nella tomba il
segreto delle sue scoperte a riguardo. Nel corridoio vedo adagiati in
orizzontale due ufficiali con la divisa dell’esercito borbonico. Poi il
corridoio degli uomini. La’ ci sono mummie di persone morte a tutte le eta’
compresi dei bambini di pochi mesi. Si vedono alcune bruciature. La cripta era
stata bombardata nel marzo del 1943. Dopo di questo bombardamento molte teche
di vetro erano andate distrutte. Da allora l’ingresso alle catacombe, dietro la
sacrestia della chiesa, era stato spostato all’esterno dove e’ attualmente. Poi
c’era stato un incendio nel marzo 1966. Trasversalmente c’e’ un corridoio
dedicato ai sacerdoti. I cappuccini avevano deciso di tenerli separati dalle
loro sepolture. I sacerdoti sono disposti in orizzontale all’interno di casse aperte
da un alto. Le loro vesti sono ricche e preziosi i loro copricapi. Si tratta di
vescovi e porporati nelle loro vesti originarie. Tutti hanno eleganti pianelle
che spuntano sotto l’abito talare. Di tutte le mummie erano tre quelle che mi
avevano colpito di piu’. Una era un uomo, in piedi con il busto incurvato da un
lato e la bocca aperta, come se stesse guardando qualcosa di orribile da
lontano e volesse gridare il proprio terrore per avvertire gli altri. L’altro
era la mummia piu’ antica Fra Silvestro da Gubbio. Aveva le mani grandi e
disgiunte lungo il corpo. Gli altri frati erano posti di solito con le mani
incrociate sul davanti. La terza era una donna e un uomo vicini e in piedi. La
donna era rivolta all’uomo e pareva parlasse. L’uomo aveva il capo leggermente
reclinato in avanti, sembrava ascoltare cosa dicesse la donna. Doveva essere
qualcosa di terribile, perche’ la donna aveva un aspetto serio e l’uomo,
benche’ mummificato, sembrava addolorato. Infine mi aveva colpito una scritta,
riportata vicino a due mummie di uomini e quella di un bambino. Ricordavano di
un tale vissuto nell’ottocento fino alla veneranda eta’ di 85 anni. Vicino
c’era la mummia del figlio morto a 25 anni. Accanto quella del nipote morto a
pochi mesi.
NO
FILM, NO FOTO.
Riguadagno
l’uscita, saluto il frate cappuccino. Ridiscendo verso la porta Nuova.
Rileggo
su l’ennesimo cartellone pubblicitario la frase:
“…
tantu a calari
RU
FILA
RI
PASTA
Un
ci voli nenti…”.
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