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sabato 12 novembre 2011

Intervista a Maurizio De Vito, autore di “Io sono il nuovo povero”, raccolta di poesie in prosa

a cura di Stefano di Stasio



Dalla poesia "Gli occhi del povero" contenuta nella raccolta di Maurizio De Vito:

Gli occhi del povero,
sono pieni di lacrime
che bagnano i cuori
sia per la gioia
che per il dolore,
e la speranza lo salva
dal buio della notte.
La notte,
che devo sconfiggere
tutti i giorni,
tenendo lontane,
le paure e le insicurezze
di un’esistenza
difficile, precaria, ingiusta…


      
1. Maurizio può descrivere come nasce "Io sono il nuovo povero"?

"Io sono il nuovo povero" è il seguito del mio primo libro autobiografico "Non smettere mai di sognare" dove io stesso mi riconosco in questa nuova figura sociale. A differenza del povero tradizionale che siamo abituati a vedere dormire sulle panchine dei parchi, con i panni sporchi e la barba lunga, egli lotta quotidianamente per arrivare a fine mese. Colui che ha il privilegio di non dormire sulle panchine , ma lo svantaggio di dover vivere affrontando da solo, nell’estraneità totale del mondo che lo circonda, il dramma e la sofferenza della sua condizione. Spesso, il nuovo povero è il vicino della porta accanto che facciamo finta di non vedere. La motivazione principale che mi ha spinto a scrivere il libro è stata la necessità di esternare le emozioni e i sentimenti repressi, frutto di una condizione di disagio notevole.


2. Lei esprime il concetto di viaggio nella quotidianità. Esistono delle abitudini, come quando siede sempre nello stesso posto in un treno di pendolari, ma ciò che rende diverso ogni giorno dai precedenti è la sua dimensione interiore, il suo animo che recepisce nuove emozioni. Secondo lei che ruolo hanno gli incontri con il prossimo, con i nostri simili in questo percorso personale?

La povertà e la nudità interiore ci vengono poste innanzi nelle situazioni di grande disagio. Allora, prendiamo coscienza della nostra fragilità e dei limiti che teniamo nascosti persino a noi stessi, per paura di incontrarli faccia a faccia. Impariamo a confidare in quel Dio che si è fatto povero per arricchire tutti noi con la sua povertà. In questo percorso dopo aver incontrato noi stessi , siamo pronti ad incontrare il prossimo. Ogni giorno un’emozione nuova, che ci fa vedere il mondo con gli occhi dell’umanità, dove il prossimo ci respira di fianco , come quando seduti in uno scomparto del treno veniamo tutti indistintamente illuminati dalla luce dello stesso cielo.


3. Ha scritto: Una fotografia / di ciò che gli occhi osservano, / la ragione elabora, / i sentimenti assimilano. Benvenuti nell’inferno. Ci può parlare dell’inferno che oggi è sotto gli occhi di tutti?

L’inferno è quando la mattina, come tutte le altre mattine ti suona la sveglia alle 6.30, tu ti alzi, prepari il caffè, ti affacci fuori la finestra per dare un’occhiata al tempo, poi ti accorgi che non devi andare a lavorare, prendendo coscienza che se va avanti così, oggi è uguale a domani e domani sarà uguale a dopodomani. L’inferno è quando nei crocicchi delle strade e delle metropolitane, la gente dorme avvolta dai cartoni senza dignità. L’inferno è l’immagine triste della miseria, che arriva al cervello e si riflette nel cuore dell’uomo, mentre l’automobile di lusso ci attraversa la strada senza nemmeno rallentare la sua frenetica corsa. L’inferno è un mondo che sta trascurando sempre più il sentimento della "Compassione", che nasce dall’empatia dell’immaginarsi al posto dell’altro, dal pensare che ciò che sta soffrendo lui potremmo patirlo anche noi.


4. L’impressione che si prova, leggendo "Io sono il nuovo povero" è quella di un laboratorio di studi sociali a cielo aperto. Nel libro si alternano scritti dal taglio poetico a fotografie e commenti. Questo formato di esposizione rappresenta un esperimento di comunicazione sociale. Qual è il ruolo delle tre modalità espressive, di scritto emozionale, di cronaca razionale, di immagine nella sua visione globale del mondo che la circonda?

Respirare la propri vita a pieni polmoni e poter aprire gli occhi ogni mattina per guardare tutto ciò che ci circonda nella semplicità più assoluta. Saperla descrivere con altrettanta semplicità senza però trascurarne i lati oscuri, quelli che la nostra società a volte cerca di nascondere. Allora dove non arriva la parola, deve arrivare l’immagine e, se anche quest’ultima non è sufficiente, proveremo con la poesia fino a toccarne il sentimento, emozionandoci sempre e comunque sia che siamo scrittori, poeti o solamente persone… come me.


5. Lei non si definisce né uno scrittore né un poeta, eppure, ammette di descrivere emozioni e cita come sottotitolo del suo lavoro "Raccolta di poesie in prosa". Dice anche che queste emozioni colorano la vita e alimentano le speranze. Là dove riusciamo a materializzare una prospettiva, anche remota, superiamo la paura di vivere. Possiamo parlare di un percorso di ribellione dello spirito nella sua opera?

È sicuramente una presa di coscienza, dove attraverso un percorso anche spirituale l’uomo raggiunge la sua rinascita scavando all’interno della propria anima, e ritrovando la forza di liberare tutte le sue capacità, passioni, talenti, che rimangono sepolti dalle macerie della sofferenza. Mi piace più definirla , almeno nel mio caso una rinascita dello spirito.


6. Qual è il legame fra la speranza, che lei auspica per i "nuovi poveri", e il valore della dignità che legittimamente dovrebbe essere parte del sentire dell’uomo?

Se non si riesce a dare dignità alle persone, allora non c’è futuro per la nostra società. La speranza di una vita dignitosa, oltre ad essere un augurio, vuole essere un messaggio forte al mondo intero, che concedendo troppo spazio alla globalizzazione economica e comunicativa trascura sempre più le vere priorità dell’essere umano. La speranza è la forza trainante della nostra vita ed è profondamente legata alla sua stessa dignità.


7. Le confesso con ammirazione personale che il vissuto che lei descrive assume a volte tratti di leggenda, di vero e proprio eroismo dei giorni nostri. Che cosa può raccomandare o comunicare un padre di due figli come lei ai figli distratti della nostra epoca di angosce?

Come ogni notte, mi alzo dal letto e rimbocco le coperte ai miei figli che dormono sereni, nonostante tutto, lasciando la loro stanza con una preghiera tra le labbra. Ho un profondo legame con le parole di questa poesia: "Gli occhi del povero", perché racchiude un momento di quella quotidianità che le dicevo pocanzi. Rappresenta un momento di forte preoccupazione dove un padre soffre in silenzio rivolgendosi con una preghiera verso un Dio che ascolta le sue preghiere. Le ascolta in un momento forte, in un silenzio assoluto, attraverso una finestra che si apre nel cielo infinito. I nostri figli hanno bisogno di adulti migliori, quelli che devono dare loro l’esempio giusto, quelli che devono raccontarsi di generazione in generazione senza creare il vuoto lasciandosi dietro i valori importanti della nostra esistenza. I nostri figli hanno il diritto e il dovere di comprendere il vero senso della vita.


Il libro di Maurizio De Vito è disponibile su:
http://ilmiolibro.kataweb.it/

 
© Intervista realizzata da Stefano di Stasio il 6 e 10 Novembre 2011. Pubblicata su:
http://paroleefotografie.blogspot.com/


Gli autori di raccolte di racconti e antologie fotografiche che fossero interessati a una recensione possono contattarmi all’indirizzo e-mail:

stefano.distasio1600@gmail.com

1 commento:

  1. Complimenti, l'intervista mi è veramente piaciuta sia nel contenuto che nella forma.Si evince una forte sensibilità da parte dell'autore sui temi sociali, dove sicuramente mette a disposizione di tutti, la sua esperienza personale cercando di trasformarla in percorso di crescita sprirituale. In questo modo si respira la vera passione verso l'umanità intera che vive un momento di sofferenza estrema. Bellissima intervista.
    Mauro Torino

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